Febbraio 2025 - Prima parte
Ho smesso di usare i social e ho letto un sacco di libri: coincidenze?
Bentornati a Il riepilogo mensile!
È un periodo insolitamente ricco per i miei consumi mediatici, al punto che l’appuntamento mensile mi va quasi stretto: per questo motivo stavolta la newsletter arriverà in due parti (e vi chiedo scusa sin da ora per questa doppia incursione nelle vostre caselle e-mail).
Passerei subito alle rubriche tematiche, ma c’è una cosa che devo dire prima di cominciare - una cosa che forse è persino connessa con tutta questa abbondanza: da inizio febbraio ho smesso di utilizzare Facebook e Instagram.
È una tendenza che vedo emergere con sempre più forza qui su Substack, che sta accogliendo la maggior parte dei profughi dai social tradizionali. Sembra quasi una moda, se non fosse che le motivazioni che spingono le persone in questa direzione sono più concrete che mai. Io, da parte mia, già un anno fa mi ero stufato di postare sui social; oggi mi sono stancato anche di frequentarli come lettore. Le mie riflessioni degli ultimi mesi mi hanno portato a una conclusione ovvia: il tempo che trascorrevo sui social era senza valore, e si riduceva il più delle volte a uno scroll di contenuti inutili che un algoritmo sceglieva per me. Ho deciso che non mi stava più bene, ed eccomi qui.
La scelta si è rivelata più indolore del previsto. Chi affronta questo percorso di solito cancella le app o ricorre a blocchi di vario tipo: a me è bastata la sola forza di volontà. Le applicazioni sono ancora lì, a portata di dito, ma non ho mai avvertito il bisogno di aprirle (se non per rispondere a dei messaggi privati), né il richiamo della FOMO; soprattutto, non ho sentito la minima mancanza di quello che mi sono lasciato alle spalle. Non so quanto durerà - magari è solo una fase temporanea di detox - ma per ora sto bene così; e, tra gli altri effetti positivi, sto anche usando di meno lo smartphone.
Ho tanto da dire sull’argomento - e anche qualche lettura interessante che ho incontrato sul mio cammino - ma non voglio dilungarmi. Penso che ne riparlerò prossimamente, magari in una forma un po’ più strutturata.
In questa prima parte troverete:
🗺️ Esplorazioni: ritorno a Ghent.
📖 Letture: due libri bellissimi, di cui uno già candidato a miglior lettura del 2025.
Nella seconda parte, in arrivo venerdì 28 febbraio, ci sarà spazio per:
🎞️ Visioni: ho (ri)visto The Lego Movie insieme a mio figlio. “Quello che è successo dopo vi sorprenderà” (cit.).
🎵 Ascolti: ovviamente Lucio Corsi.
🕹️ Backlog: vent’anni di attesa, ma alla fine ho giocato ad Half-Life 2.
🔗 Link: Google Maps ma con la possibilità di muoversi anche nel tempo, e altre cose belle trovate in rete.
Buona lettura!
🗺️ Esplorazioni
Una rubrica in cui parlo dei posti dove sono andato, in Italia e nel mondo.
A inizio febbraio sono tornato a Ghent, in Belgio, per un viaggio di lavoro. Ci ero già stato qualche mese fa, per cui vi rimando a quello che avevo scritto nella newsletter di giugno per le mie impressioni generali sulla città.
Questa volta però era pieno inverno, con temperature prossime allo zero (pochi giorni dopo ha anche nevicato) e decisamente meno ore di luce: è stata quindi l’occasione per vedere la città di notte, visto che in estate faceva buio tardissimo (o forse io andavo a letto presto).



L’aspetto più sconcertante di quelle latitudini è vedere la città ancora avvolta dalle tenebre alle 8 di mattina. E quando dico tenebre intendo proprio che era notte fonda. Ma suppongo che ci si abitui a tutto, in questo mondo.
📖 Letture
Una rubrica in cui parlo dei libri che ho avuto sul comodino negli ultimi tempi.
Se ad agosto avevo affrontato The Terror di Dan Simmons per sfuggire alla cappa umida dell’estate, stavolta ho voluto sfidare le gelide acque della Baia di Baffin nel cuore dell’inverno: e così ho letto Le acque del Nord di Ian McGuire (2016, pubblicato in Italia da Einaudi).
Non è un caso se cito The Terror, visto che tra i due libri c’è più di qualche somiglianza: entrambi sono ambientati nella stessa porzione di mondo (il mare ghiacciato a nord del Canada) e più o meno nello stesso periodo (la metà del Diciannovesimo secolo); entrambi hanno nel cast di protagonisti un medico di bordo, e i personaggi hanno a che fare con condizioni climatiche estreme e un’umanità marcia fino al midollo; per di più, entrambi i libri sono stati adattati in serie tv (quella tratta dal romanzo di McGuire, con Colin Farrell e Jack O’Connell, in Italia è stata distribuita da TIMVISION nel 2021 col titolo The North Water). Eppure, allo stesso tempo, i due libri sono molto diversi tra loro.
1859, Inghilterra. Un giovane medico è costretto a tornare in patria dopo che un evento misterioso in India ha macchiato la sua reputazione e lo ha lasciato senza un soldo. Decide così di imbarcarsi come chirurgo su una baleniera diretta alla Baia di Baffin. Questa è solo la premessa di una vicenda che vedrà omicidi, intrighi e doppi giochi, e che a un certo punto diventerà anche una storia di vendetta - che in questo periodo, in cui Il conte di Montecristo è tornato di moda, ci sta a pennello.
Le acque del Nord è un libro incredibilmente asciutto. Non solo nella mole (meno di 300 pagine, a fronte delle quasi 800 di The Terror) ma anche nello stile. McGuire non si perde in fronzoli o descrizioni, ma va dritto al punto: a tratti ho avuto quasi la sensazione di leggere una cronaca più che una narrazione, tanto gli eventi vengono snocciolati uno dopo l’altro. Credo che contribuisca anche la scelta di usare il tempo presente, che ho trovato inusuale per un romanzo del genere e invece funziona più che bene. Il risultato è spiazzante - soprattutto quando momenti di climax vengono liquidati in poche righe e senza enfasi, mentre in The Terror duravano pagine e pagine - ma al contempo riuscito, e il romanzo scorre che è un piacere dall’inizio alla fine.
C’è un aspetto che mi ha colpito in particolare di questo Le acque del Nord, ed è la lingua usata dall’autore, che definirei scurrile: non solo nei dialoghi, come è lecito aspettarsi da un romanzo ambientato tra i bassifondi del porto e il ventre di una baleniera, ma anche laddove è il narratore (onnisciente) a raccontare la vicenda. In alcuni punti McGuire calca proprio la mano - anche troppo per i miei gusti - ma in fin dei conti tutta questa enfasi sulla volgarità (e sul sangue e sui fluidi corporei e sui dettagli scatologici1) è coerente con l’anima nera dei personaggi. E il personaggio più nero di tutti è senza dubbio Drax, di cui a un certo punto si dice:
Parlare con Drax è come urlare nel buio sperando che il buio ci risponda.
È in questo insistere sugli aspetti più disumani dell’umanità che Le acque del Nord e The Terror tornano ad avvicinarsi: dove però il romanzo di Simmons tirava in ballo elementi soprannaturali - proprio per rendere più insensate le efferatezze umane - quello di McGuire rimane saldamente ancorato al regno del plausibile e ai suoi orrori. Se avete lo stomaco, è una gran bella lettura.
⭐ Voto: 4 / 5
Spin di Robert Charles Wilson (2005, pubblicato in Italia da Rocard nel 2018 e riproposto da Urania Mondadori nel 2024) non l’ho visto arrivare.
Fino a qualche mese fa non avevo mai sentito nominare né questo libro né il suo autore. Poi, a dicembre 2024, è stato pubblicato da Urania all’interno della collana Jumbo, e su un gruppo Facebook di lettori di fantascienza ne ho letto talmente bene che ho deciso di comprarlo2. Quando poi ho saputo che, nel corso del 2025, Urania avrebbe pubblicato anche il secondo e il terzo volume della trilogia, il romanzo ha scalato velocemente la mia pila di libri da leggere. Ma io non potevo immaginare, davvero, a cosa stavo andando incontro.
Pianeta Terra, giorni nostri. Una notte d’ottobre le stelle e la luna scompaiono. Tyler, dodici anni, assiste sgomento al fenomeno insieme ai gemelli Jason e Diane. Passano i mesi, e si scopre che i corpi celesti non sono spariti, ma al contrario una strana membrana ha avvolto l’intero pianeta. E se il tempo, sulla Terra, scorre come al solito, al di fuori della membrana va a una velocità folle: un anno terrestre corrisponde a cento milioni di anni nello spazio. Mentre i giovani protagonisti crescono e diventano adulti, l’umanità cerca un modo per sopravvivere al collasso sempre più imminente del sole.
È difficile riassumere la trama di questo romanzo: quella che vi ho raccontato è presente già sulla quarta di copertina, e copre a malapena la prima cinquantina di pagine, su 450 totali. Succedono tante cose in Spin, e qualsiasi rivelazione sarebbe uno spoiler per chi non lo ha letto. Soprattutto, il romanzo è così vertiginoso nel suo orizzonte temporale - parliamo di miliardi di anni, un lasso di tempo che non riesco neanche a immaginare - che il suo andamento narrativo è del tutto imprevedibile, e quindi va gustato senza troppe anticipazioni.
Spin è un romanzo sfaccettato, non riconducibile a un solo genere. La parte predominante è sicuramente quella di fantascienza, in entrambe le sue accezioni hard e soft3; ma c’è anche il coming of age a me tanto caro, concentrato nella prima parte; ci sono risvolti sentimentali che rimangono sottotraccia per buona parte della narrazione; c’è un’introspezione dei personaggi per niente banale, da romanzo non di genere; ci sono persino dei momenti da thriller politico, e altri più smaccatamente avventurosi. Ma è tutto amalgamato così bene che il risultato è superiore alla somma delle parti.
L’aspetto che mi ha conquistato subito - anzi, ancor prima di cominciare la lettura - è quello del paradosso temporale alla base della trama. È un qualcosa che piacerebbe a Christopher Nolan, e non nego che questo libro l’ho letto avidamente anche per vedere dove l’autore - statunitense di nascita, ma canadese d’adozione - voleva andare a parare. L’idea di fondo del romanzo è tanto affascinante quanto ben costruita, grazie a dei necessari passaggi esplicativi che non risultano mai didascalici:
“Afferri il rapporto temporale dello Spin?”
“Più o meno.”
“Più o meno non è abbastanza. Un secondo terrestre equivale a 3,17 anni di tempo Spin. Se uno dei nostri razzi entra nella membrana Spin con un solo secondo di ritardo rispetto agli altri, raggiungerà l’orbita più di tre anni dopo.”
Questa premessa dà il via a tutta una serie di situazioni che non riporterò in questa sede, ma che appaiono sempre scientificamente plausibili; soltanto nel finale il libro prende una deriva più speculativa, ma pur sempre coerente con la propria cornice narrativa.
Allo stesso tempo, una buona parte del romanzo racconta l’impatto sociale della membrana Spin: l’intera umanità si rende conto di essere a un passo dall’estinzione, e in questi casi tende a non dare il meglio di sé. Capi di Stato che fanno le teste calde, suicidi di massa, istituzioni sociali che collassano, sette religiose che aspettano la fine dei giorni e la venuta di un nuovo messia: la carne al fuoco è parecchia, e il mondo che Wilson dipinge è incredibilmente vicino al nostro presente. Non solo: a tratti - e so che è assurdo per un romanzo pubblicato vent’anni fa - ho avvertito un fortissimo parallelismo con la pandemia da Covid, soprattutto nei passaggi in cui i protagonisti si sentono derubati del proprio tempo:
Quando ti guardo, vedo ancora la ragazza sul prato dietro la Casa Grande. Quindi sì, forse E.D. ha ragione. Venticinque anni rubati. Sono passati piuttosto in fretta.
Ho divorato Spin, che mi ha preso come pochi altri romanzi hanno saputo fare negli ultimi anni. Merito anche della struttura del libro, che sin dall’inizio alterna in modo sapiente due piani spazio-temporali: il primo è ambientato negli Stati Uniti, e segue la vicenda nel suo sviluppo logico-cronologico; mentre il secondo vede alcuni degli stessi personaggi barcamenarsi nell’Indonesia di un futuro remoto (e naturalmente alla fine i due piani convergeranno). La scrittura di Wilson è scorrevole, accattivante, forse semplice e non particolarmente evocativa, ma capace comunque di regalare alcuni bei passaggi:
Avrei voluto vendere il domani al miglior offerente, pur di restare per sempre in quel due luglio.
Apprezzai la sua franchezza. Forse era dovuta alla sua improvvisa sobrietà. Carol era di nuovo nel mondo illuminato che aveva evitato per vent'anni, e adesso lo ritrovava terribile esattamente come lo ricordava.
Guarda, Jody. Guarda quanto lontano puoi guardare questa notte! Stanotte puoi praticamente vedere fin dove finiscono tutte le cose.
Non essere arrabbiato. Il mondo è pieno di sorprese. Tutti noi veniamo al mondo estranei a noi stessi e agli altri, e raramente veniamo presentati ufficialmente.
Se c’è un difetto nel libro - a parte i numerosi errori di battitura dell’edizione Urania: troppi per un prodotto che ha il logo Mondadori in copertina - è il fatto che nelle ultime cinquanta pagine le cose accadono un po’ troppo velocemente, come se l’autore avesse avuto fretta di concludere una vicenda che fino a quel momento si era presa invece tutto il tempo necessario (letteralmente). Ma forse ero solo io che avrei voluto che il romanzo non finisse mai, tanto ero immerso nel suo mondo e legato ai suoi personaggi.
⭐ Voto: 5 / 5
(Pur essendo il primo di una trilogia, Spin è un romanzo autoconclusivo. Come sempre quando si tratta di Urania, il volume cartaceo è ormai reperibile soltanto nel circuito dell’usato; la versione ebook invece è regolarmente acquistabile online.)
Per oggi è tutto, appuntamento a venerdì 28 febbraio per la seconda parte. Ciao!
Una volta un mio amico affermò che i romanzi di George R. R. Martin gli piacevano anche perché - cito testualmente - “i personaggi pisciano e cacano”. Ecco, penso che gli piacerebbe anche Le acque del Nord, in cui un passaggio narrativo fondamentale è legato alla dissenteria del protagonista (se il tema vi stuzzica, vi consiglio pure il bellissimo 22/11/63 di Stephen King, dove c’è una situazione simile).
I social hanno fatto anche cose buone.
In estrema sintesi, la fantascienza hard si focalizza su temi tecnologici supportati da basi scientifiche; quella soft tende a ragionare più sull’impatto sociale della tecnologia e degli sviluppi futuri.
Mi hai incuriosito moltissimo con entrambe le letture, in particolare con "Le acque del Nord” (che copertina, tra l’altro!).
Mi hai venduto Spin :)