Settembre 2024
On Writing di Stephen King, un film stupendo e il trionfale ingresso della Steam Deck nella mia vita.
Bentornati a Il riepilogo mensile!
È arrivato settembre e - come prevedibile - i miei consumi mediatici sono esplosi, per cui questo numero è piuttosto corposo. Soprattutto, ho ripreso a scrivere: non tanto da resuscitare la rubrica omonima (anche perché non c'è sempre qualche riflessione da fare sulla scrittura: a volte si scrive e basta), ma abbastanza da rendermi soddisfatto.
Non mi prolungo oltre e passo subito alle rubriche. In questo numero:
📖 Letture: On Writing di Stephen King.
🎞️ Visioni: Past Lives di Celine Song.
🎵 Ascolti: Ora che non ho più te di Cesare Cremonini.
🕹️ Backlog: ho comprato una Steam Deck!
🔗 Link: youtuber che vale la pena seguire.
📖 Letture
Una rubrica in cui parlo dei libri che ho avuto sul comodino negli ultimi tempi.
L'ho già detto altre volte ma non mi stanco mai di ripeterlo: sono affascinato dal processo creativo che sta dietro alle mie opere preferite, in particolare quando si tratta di libri. Cerco sempre di recuperare quante più informazioni possibili su ciò che ha portato un autore a scrivere un determinato romanzo, sul processo di stesura, sul percorso verso la pubblicazione; anzi, sono grato a quegli autori che inseriscono una nota in apertura o chiusura raccontando tutto questo, così mi risparmiano un bel po' di fatica.
Era inevitabile, da lettore e autore, che prima o poi approdassi al famosissimo On Writing. Autobiografia di un mestiere di Stephen King, che ho letto in questo mese di settembre.
On Writing è stato pubblicato per la prima volta nel 2000, e da allora ha conosciuto un successo piuttosto costante e almeno un paio di edizioni aggiornate. Un libro del genere si rivolge soprattutto a due categorie di pubblico: i fan di Stephen King e gli scrittori (o meglio ancora gli aspiranti tali), quindi vi dico subito che se non vi riconoscete in nessuna delle due potreste trovare il tutto piuttosto inconcludente. Il corollario di quanto appena detto è che, se come me appartenete a entrambi i gruppi, questa lettura è imprescindibile.
Mi era chiaro sin da subito che non avevo tra le mani un manuale di scrittura, ma d'altra parte non era ciò che stavo cercando. Una delle frasi che condivido di più - e che non saprei dire se ho sentito da qualche parte o se è frutto delle mie meningi - è che la scrittura si può imparare, ma non si può insegnare. In questo King è trasparente sin dalla prefazione, che contiene una delle frasi più citate del libro (preparatevi perché di citazioni ne metterò parecchie):
Questo è un libro breve perché la maggior parte dei manuali di scrittura creativa sono pieni di stronzate.
E infatti il libro si apre con una sezione intitolata "Curriculum Vitae", che occupa circa un terzo del volume e costituisce una sorta di autobiografia dei primi anni di vita di King - grosso modo dall'infanzia agli anni '80. L'autore non si risparmia nel raccontare gli alti e i bassi della sua storia - difficoltà economiche e dipendenze incluse - ma soprattutto racconta come ha cominciato a scrivere e in che modo. Potrebbe sembrare pura vanità da scrittore di successo - e in una certa misura lo è senza dubbio - ma alcuni passaggi sono significativi. Il mio preferito è quando, al liceo, King accetta un lavoretto da cronista sportivo per un giornale locale, e il direttore corregge a penna il suo primo articolo:
Nei restanti due anni di liceo avrei frequentato la mia brava dose di lezioni di lettere, senza considerare altrettanti corsi universitari di saggistica, narrativa e poesia, ma in una decina di minuti John Gould mi insegnò di meglio e di più.
Il resto del volume assomiglia invece a un manuale di scrittura, o meglio a un manuale su come King intende la scrittura. C'è una breve parte intitolata "La cassetta degli attrezzi", in cui l'autore si concentra su elementi basilari come sintassi e grammatica, con consigli arcinoti come limitare l'uso degli avverbi e della forma passiva. Poi una sezione piuttosto lunga intitolata "Sulla scrittura", che rappresenta il cuore pulsante del libro (ci torno tra un attimo); una intitolata "Sulla vita: un post scriptum", in cui King racconta dell'incidente stradale che gli è quasi costato la vita (avvenuto durante la stesura di questo volume); e infine un elenco di libri consigliati a chi vuole intraprendere il percorso della scrittura.
"Sulla scrittura" è la parte che da sola fa l'intero libro. Un centinaio di pagine in cui King si focalizza, capitolo dopo capitolo, sugli aspetti essenziali dello scrivere narrativa: la trama, le descrizioni, i personaggi, i dialoghi, e così via. Il tutto da una prospettiva molto personale: ripete più volte che si tratta di consigli basati sul suo vissuto, sul modo in cui lavora, e fa dozzine di esempi prendendo spunto dalle sue opere. Inutile girarci attorno: in questa parte ci ho proprio sguazzato dentro con gioia. Leggere queste pagine è come affacciarsi nella bottega di un artigiano e stare lì in silenzio a vedere come lavora:
L'obiettivo della narrativa non è la correttezza grammaticale, ma mettere a proprio agio il pubblico e poi raccontargli una storia.
[Sulla similitudine] Leggere e scrivere questo genere di figure retoriche è una delle gioie della narrativa. Se azzeccate, equivalgono a incontrare un vecchio amico in mezzo a una folla di estranei.
I punti fondamentali da fissarsi in testa sui retroscena: a) tutti hanno una storia e b) per lo più non è interessante. Limitatevi alle poche parti che lo sono e tralasciate il resto.
Il mio capitolo preferito è quello dedicato alla revisione - forse perché, in fin dei conti, a me rivedere il testo piace persino più che scriverlo. Ho già letto e riletto diverse volte quella pagine, che traboccano di consigli sensati o anche solo rassicuranti. Anche se, dall'alto di una stesura corrente che ha da poco festeggiato i due anni, questo passaggio mi ha fatto piuttosto ridere:
Sono convinto che la prima stesura di un libro, per quanto lungo, non debba portare via più di tre mesi: la durata di una stagione.
Non ho molto da aggiungere. Credo che sia un libro molto personale, sia per King che per il lettore che ho affronta. Chiudo con un'ultima citazione che mi ha toccato da vicino. È forse la mia preferita dell'intero libro:
Quando vedo un primo romanzo dedicato a una moglie (o a un marito), mi dico con un sorriso: ecco qualcuno che sa. Scrivere è un mestiere solitario. Avere vicino una persona che crede in te costituisce un'enorme differenza. Non sono necessari tanti discorsi. In genere crederci basta e avanza.
🎞️ Visioni
Una rubrica in cui parlo dei film - vecchi o nuovi - che ho visto di recente.
Ah, la cara vecchia rubrica "Visioni". Era da marzo che non saltava fuori, è il motivo è molto semplice: non ho più visto film da allora, né al cinema né a casa. Forse il tempo lo troverei anche, ma devo ammettere che ormai accuso una certa stanchezza: e l'offerta (apparentemente) sconfinata delle piattaforme di streaming non aiuta.
Poi questo mese - su consiglio di una lettrice di questa newsletter! - ho visto Past Lives di Celine Song. Che è un film stupendo, senza troppi giri di parole.
Past Lives è una produzione americana diretta da una regista (esordiente) coreana, ed è parlato per buona metà in coreano. Se seguite il cinema probabilmente ne avrete sentito parlare qualche mese fa, quando ottenne due nomination ai premi Oscar (miglior film e miglior sceneggiatura originale) ed è stato incensato dalla critica. In Italia è uscito con diversi mesi di ritardo rispetto agli USA, il giorno di San Valentino di quest'anno: scelta calzante, perché il film appartiene a tutti gli effetti al genere sentimentale.
Racconta infatti la storia di una ragazza e un ragazzo che, compagni di scuola nel 2000 a Seul, si perdono di vista dopo che lei si trasferisce in America con la famiglia. Dopo dodici anni si ritrovano su Facebook per poi perdersi di nuovo, e finiscono con l'incontrarsi di persona soltanto dopo altri dodici anni, a New York. La linea narrativa (ispirata parzialmente alla vera storia della regista) è tutta qui; ma il film è pieno zeppo di tanto altro.
Past Lives affronta il genere sentimentale in un modo tutto suo. Se dovessi riassumerlo in tre parole direi: delicato, malinconico, triste. Mi ha ricordato da subito un altro film che ho amato molto: I ponti di Madison County di Clint Eastwood, che pur essendo diversissimo mi sembra avvolto dalla stessa aura di malinconia per ciò che poteva essere e invece non è stato. Ci sono dialoghi che spaccano il cuore, sguardi che tranciano l'anima, e intere scene costruite per deludere le attese degli spettatori: e tutto questo raggiunge l'apice in un finale emotivamente devastante.
Ma soprattutto, lasciatemelo dire: che bello vedere ogni tanto un film fatto bene! In Past Lives ogni cosa è al posto giusto, e niente è lasciato al caso. Inquadrature simboliche, linee che incorniciano i personaggi, montaggio a regola d'arte, musiche che punteggiano in modo discreto ma perfetto ogni singola scena. Si tratta di un film tecnicamente superbo, come non se ne vedono tutti i giorni: e il risultato è tanto più sorprendente se si pensa che la regista è esordiente.
Insomma, Past Lives mi è piaciuto tantissimo. Trovo però che sia un film difficile da spiegare a parole, a causa del suo lavoro di cesello sulle emozioni personali degli spettatori. Il miglior consiglio che posso darvi è quello di vederlo e viverlo sulla vostra pelle. Su Letterboxd gli ho messo quattro stelle e mezzo su cinque, il che lo qualifica tipo nella top 50 di sempre dei film che ho visto. Che è un modo assurdo per inquadrare le cose, ma se non è indicativo questo allora non so cosa possa esserlo.
Riflessione bonus: il film funziona benissimo anche come memoria storica degli anni 2000-2010. Ormai, con la prospettiva di quindici-venti anni, vedere in un film il Facebook delle origini (quello che veniva usato, appunto, per rintracciare i vecchi compagni di classe) o le videochiamate su Skype ha un certo fascino. Prima o poi toccherà avere nostalgia pure di questo inizio di millennio, è inevitabile.
🎵 Ascolti
Una rubrica in cui parlo di musica senza avere alcuna competenza.
Uno dei concerti più belli della mia vita è stato quello di Cesare Cremonini allo Stadio Olimpico di Roma nel giugno del 2018. È stato forse l'unico concerto dove conoscevo la totalità delle canzoni in scaletta, nonché un'occasione di enorme connessione generazionale con tutti i presenti (sublimata dall'esecuzione live di 50 Special, perché volenti o nolenti si torna sempre agli anni '90).
Pochi giorni fa è uscito Ora che non ho più te, il singolo che anticipa il suo nuovo album e, per citare un commento su YouTube, "Cesare torna e salva il panorama musicale italiano".
Devo ammettere che la canzone non mi ha conquistato al primo ascolto, ma già al secondo ho vacillato, e al terzo è seguito immediatamente un quarto. Ma ad incantarmi è stato soprattutto il videoclip, ambientato in uno scenario mozzafiato in quella che sembra un'alba di tempesta, e girato tutto in piano sequenza con un drone che volteggia a destra e manca. Tutto perfetto.
🕹️ Backlog
Una rubrica in cui cerco di conciliare videogiochi e vita adulta.
Dopo averci riflettuto il giusto - cioè quasi due anni - questo mese mi sono finalmente deciso ad acquistare una Steam Deck. Se sapete cos'è una Steam Deck, probabilmente avrete già capito la portata dell'evento. Se non avete idea di cosa sia una Steam Deck - scenario più che probabile - allora vi consiglio di continuare a leggere.
La Steam Deck è a tutti gli effetti un PC, ma in forma di console portatile. Ha schermo e controlli inclusi - si può usare così come esce dalla scatola, per capirci - ma gira su Linux; volendo può essere collegata a monitor o periferiche esterne (tastiera, mouse, controller, ecc) e ci si può installare qualsiasi cosa. È prodotta da Valve, la software house che una ventina di anni fa ha di fatto creato la distribuzione digitale con Steam, che oggi è la principale piattaforma per l'acquisto di giochi su PC. Negli anni Valve aveva già tentato di entrare nel settore hardware, con un paio di esperimenti fallimentari che sono finiti ben presto nel dimenticatoio. Con la Steam Deck, invece, sembra aver fatto centro, visto che è sul mercato dal 2022 e sta incontrando un successo crescente (seppur ancora relegato a una nicchia dell'immenso mercato videoludico).
Era l'autunno del 2022 quando ho considerato per la prima volta l'idea di comprarla. In questi due anni ho visto decine di video su YouTube, letto svariati articoli e setacciato il subreddit dedicato, per rispondere alla domanda che si fanno più o meno tutti: la Steam Deck è un dispositivo adatto a me? Ci ho riflettuto parecchio - come sempre davanti alla prospettiva di spendere qualche centinaio di euro - e alla fine a farmi capitolare è stato un forte sconto su alcuni modelli fuori produzione: ho colto l'attimo ed eccoci qui.
Perché ho scelto la Steam Deck, dunque? Metto in fila qui di seguito tutti i motivi, così vi faccio affacciare nei ragionamenti contorti del mio cervello:
Alle base di tutto c'è una rinnovata voglia di giocare. Non mi dilungherò troppo su questo tema, che ho già trattato in dettaglio nella puntata di maggio. Il fatto è che questa voglia non la potevo soddisfare per la mancanza di dispositivi dedicati, e quindi mi sono cominciato a guardare attorno. Ma la verità è che non ho mai considerato alcuna console perché...
...ho un backlog considerevole di titoli nella mia libreria Steam, per non parlare di quelli su GoG e Amazon Games (altre due piattaforme per l'acquisto digitale). Sto parlando di oltre un centinaio di titoli: roba che potrei stare a posto per il resto dei miei giorni. Restare nell'ecosistema PC, dunque, era la scelta più sensata.
La Steam Deck promette di coniugare il mondo PC di cui sopra con l'immediatezza di un'esperienza console. All'accensione non si apre sul classico desktop, ma direttamente all'interno di un hub con tutti i giochi belli e pronti da installare o eseguire. C'è sempre qualche configurazione da mettere a punto - specialmente per i titoli più recenti - ma molto spesso si può passare dall'accensione al gioco in pochi secondi.
Non ho intenzione di giocare i titoli appena usciti, ma ho voglia di recuperare parecchi giochi degli ultimi quindici anni - e anche qualcuno più vecchio, a dire il vero. La Steam Deck è una macchina ben ottimizzata, capace di far girare anche giochi molto recenti (pur con qualche limite), ma con i titoli che ho in mente io non fa alcuna fatica. Mi voglio inoltre tuffare nel mondo dei giochi indie, che hanno requisiti tecnici ancora più bassi. Insomma, non mi serviva un mostro di potenza.
Passiamo ai casi d'uso. Ho letto una valanga di opinioni che esaltano l'esperienza di gioco sul divano - o comunque in luoghi che non siano la classica scrivania. Il concetto che ho visto declinato in tutte le salse è: "Sto tutto al giorno seduto al PC per lavorare - talvolta proprio da casa - quando la sera mi metto a giocare voglio farlo altrove". È qualcosa su cui non ho mai riflettuto e di cui non ho esperienza diretta - d'altra parte, quando giocavo assiduamente, ero solo uno studente - ma a forza di sentire questi discorsi forse mi hanno fatto il lavaggio del cervello, e mi è venuta voglia di provare. D'altra parte, la possibilità di collegare la Steam Deck a un monitor o a una tv c'è ed è concreta, per quanto si perda un po' a livello di prestazioni. Ho pensato che era un modo per avere il meglio dei due mondi e moltiplicare i luoghi da cui giocare dentro casa. Ho letto meraviglie anche dell'esperienza in mobilità (su treni, aerei, in campeggio, e via così), ma non avendo mai avuto una console portatile in vita mia l'idea non mi attira più di tanto.
Non potete capire quanti commenti positivi da parte di genitori-videogiocatori si trovano in giro. L'empatia scorre potente in questo genere di post, e le testimonianze si rincorrono commento dopo commento: a parere unanime, la Steam Deck è perfetta per sessioni brevi, può andare in standby (o riaccendersi) in pochi secondi, e la possibilità di usarla ovunque costituisce un altro plus. (All'orizzonte, ancora piuttosto lontano per me, intravedo anche la possibilità di giocare ai videogiochi insieme ai miei figli. Ma questo è un mondo che esplorerò a tempo debito)
Ultimo punto, non meno importante: il prezzo. A prescindere dallo sconto con cui me la sono accaparrata, anche a prezzo pieno la Steam Deck è ben al di sotto di un portatile da gaming di pari prestazioni (un PC fisso fa sicuramente risparmiare, ma non ho lo spazio dove collocarlo). La mia è più che altro una scommessa, visto che non so quanto tempo potrò dedicare ai videogiochi: per questo motivo non volevo impegnare troppi soldi nell'acquisto di un dispositivo, e la Steam Deck si è posizionata nel punto giusto.
Questo è quanto, in estrema sintesi. Vari motivi mi hanno trattenuto dall'acquisto negli ultimi due anni, ma l'attesa non ha fatto altro che accrescere le aspettative. Alla fine, a metà mese, ho fatto l'ordine (ho preso il modello LCD da 512 GB, per le due persone che forse sono arrivate a leggere alla fine di questo sproloquio) e dopo otto lunghissimi giorni - fatti di refresh compulsivi sul sito del corriere - finalmente la Steam Deck è arrivata a casa mia. Non scartavo un dispositivo deputato esclusivamente al gaming dal marzo del 2002, quando tornai a casa da scuola e trovai la prima Xbox ad aspettarmi. Mi sono emozionato, c'è poco da fare.
La Steam Deck è a casa mia da una settimana, ma ancora non ci ho giocato. Mi sono limitato a configurarla, scaricare gli aggiornamenti e lanciare Aperture Desk Job, un minigioco della durata di mezz'ora pensato per illustrare i tasti del dispositivo. Sto centellinando il tempo per godermelo appieno, con la solennità che merita un'attesa tanto lunga. Ma c'è anche dell'altro, a dire il vero.
Prima di cominciare la mia avventura con la Steam Deck, volevo chiudere un'altra faccenda: un paio di giorni fa ho finito Baldur's Gate II (nella versione Enhanced del 2013), che stavo giocando sul mio portatile da circa cinque mesi. Giocare i primi due episodi di questa serie - pubblicati originariamente nel 1998 e nel 2000 - è stata una bella esperienza di archeologica videoludica. Questo secondo capitolo mi ha colpito per il modo in cui non fa sconti al giocatore: comincia in medias res, dando per scontato che si conosca a menadito la trama del primo episodio, e ha una curva d'apprendimento piuttosto ripida. Dirò un'eresia, ma io ho preferito il capostipite della saga: Baldur's Gate II è sicuramente più grande e profondo, ma manca quella magia dell'esplorazione di un mondo semi-aperto; e - difetto condiviso da entrambi gli episodi - la trama è ben poca cosa. Mi sono comunque divertito, e ho colmato una lacuna non da poco.
Detto questo, è tempo di Steam Deck. Qualcosa mi dice che questa rubrica tornerà più spesso d'ora in poi.
🔗 Link
Una raccolta dei migliori contenuti in cui mi sono imbattuto in giro per il web questo mese.
Ancora mi stupisco quando leggo che YouTube è diventata l'app più utilizzata per lo streaming su smart tv (superando le varie Netflix, Prime Video, ecc.). Poi guardo il nuovo video di Yotobi e penso che effettivamente i migliori contenuti di cui fruisco sono proprio su YouTube. Il video di Yotobi è un vero e proprio documentario di 30 minuti dedicato al caso Gioventù ribelle, un videogioco finanziato con soldi pubblici. Certo, si limita a mettere insieme i pezzi presenti online per raccontare una storia già nota, ma con uno stile e una personalità avanti anni luce. È lo youtuber che seguo da più tempo in assoluto, e vedere la maturità raggiunta dai suoi contenuti mi riempie di orgoglio come se lo conoscessi di persona.
Uno youtuber che invece ho cominciato a seguire da poco è Giovanni Pedditzi, che sta portando avanti una serie intitolata La mia vita attraverso i videogiochi. Il concept è tutto nel titolo, ma la cosa bella è che nei commenti si sta creando una comunità generazionale che si rivede nei ricordi videoludici raccontati (a volte la sintonia tra il mio vissuto e il suo è incredibile, al punto che mi sembra di guardare un documentario sulla mia vita). Al momento in cui scrivo la serie si compone di nove video e copre fino al 1999. Spero davvero che la serie continui ancora a lungo, perché le qualità tecniche, la scrittura e l'ironia di Giovanni sono davvero degne di nota.
Un mese bello pieno, come avrete avuto modo di capire. Ma va bene così, dai. Ci risentiamo tra una trentina di giorni!
Steam Deck! Non me lo aspettavo e sono contentissimo di sapere che l’hai presa. Adesso voglio aggiornamenti costanti :)
che sana invidia leggere della tua Steam Deck. da almeno un anno ne valuto l'acquisto: anche io ho tantissima roba PC che vorrei giocare e che in parte ho accumulato. ho solo due grossi limiti: sono molto restìo a spendere tanti soldi tutti insieme (e con tanti soldi io intendo anche sessanta euro, per dire) e poi ho acquistato 81 titoli su Nintendo eShop, quindi forse mi conviene aspettare la nuova Switch.