Aprile 2024
Un mese in cui sono tornato a scrivere, in cui ho letto un bel thriller e in cui ho creato canzoni con l'AI generativa
Bentornati a Il riepilogo mensile! Ogni mese mi stupisco di riuscire a mettere insieme questo appuntamento, spero che il mio entusiasmo sia contagioso.
Questo mese sono tornato a viaggiare. Per il ponte del 25 aprile sono stato a Trento con la mia famiglia, a trovare degli amici che vivono lì. Ero già stato a Trento qualche anno fa, ma sono comunque riuscito a visitare dei posti che avevo mancato la prima volta (come il bellissimo Castello del Buonconsiglio che domina il centro storico). Sono anche tornato al Muse, ma questa volta con i bambini: e vorrei essere capace di descrivere la meraviglia che ho visto nei loro occhi.
Che dire, è stata una bella parentesi dalla routine quotidiana. Inoltre sono sopravvissuto a due viaggi di sei ore in auto con due bambini molto piccoli, quindi mi sento un po’ più vicino all’immortalità. Detto questo, passiamo ai soliti argomenti.
⌨️ Scrittura
Aggiornamenti sulle cose che ho scritto, sto scrivendo o dovrei scrivere.
Ad aprile sono tornato a scrivere, nel senso che sono tornato a lavorare al mio nuovo romanzo. Ero fermo da ottobre, sei mesi in cui non ho neanche aperto il software di scrittura, motivo per cui la ripartenza è stata lenta e faticosa.
Tanto per cominciare ho dovuto rileggere tutto – operazione necessaria per riprendere il filo del discorso. Avendo già effettuato una rilettura la scorsa estate, questa volta sono andato abbastanza spedito, ma nonostante tutto ho operato qualche taglio qua e là (ricordate: i tagli non sono mai abbastanza). Una volta tornato in pari e recuperata la sintonia col romanzo, ho ripreso a scrivere nel verso senso della parola. Anche se in realtà sarebbe più corretto riscrivere, perché ho deciso di cambiare alcuni elementi: modificare i rapporti tra due personaggi, aggiungere un capitolo nuovo in mezzo, dare maggiore spazio a un antagonista. Insomma, le solite cose da work in progress che immagino annoino a morte la maggior parte delle persone.
Questo vuol dire che continuerò senza ulteriori intoppi fino alla fine della stesura? Vorrei tanto che fosse così, ma la verità è che non lo so. Diciamo che ho deciso di farmi forza e buttare il cuore oltre l’ostacolo. Mentre scrivevo queste righe mi è tornata in mente una citazione da un bel thriller di Robert Harris, Il ghostwriter:
Tra le tante attività umane quella dello scrivere fornisce, più delle altre, mille scuse per non incominciare: la scrivania è troppo grande, troppo piccola, c’è troppo rumore, c’è troppo silenzio, fa troppo caldo, fa troppo freddo, è troppo presto, è troppo tardi. Con il passare degli anni avevo imparato a ignorare tutte le scuse e a mettermi al lavoro senza tante storie
Ecco, le mie non sono proprio scuse – è più stanchezza e mancanza di sonno – ma la soddisfazione che mi dà buttare giù qualche riga la sera mi ripaga di tutti i sacrifici.
📖 Letture
Una rubrica in cui parlo dei libri che ho avuto sul comodino negli ultimi tempi.
Quando nel 2015 mi approcciai alla lettura di La verità sul caso Harry Quebert non potevo immaginare che sarebbe diventato uno dei miei libri preferiti, e che stavo per diventare un fan del suo autore, lo svizzero Joël Dicker. Nei mesi successivi lo consigliai un po’ a chiunque, anche se non aveva certo bisogno di presentazioni. Ciò che mi aveva affascinato di quel romanzo non era stato soltanto il suo intreccio giallo (orchestrato alla perfezione), ma anche il suo farsi, da un certo punto in poi, metanarrativo; inoltre conteneva tante riflessioni sull’atto di scrivere, che su di me fanno sempre centro. In seguito, ho letto quasi tutto ciò che di Dicker è stato pubblicato in Italia, e questo mese ho recuperato Il caso Alaska Sanders (2022), che di Harry Quebert è il seguito diretto.
Devo dirlo subito: i romanzi di Dicker cominciano tutti ad assomigliarsi un po’ troppo, ma è un gran bell’assomigliarsi. Nella gran parte dei casi si tratta di gialli investigativi che ruotano attorno a un cold case, ambientati in qualche amena cittadina del nord-est degli Stati Uniti, con un cast di personaggi ampio e un intreccio che sfocia nel machiavellico. Ma Dicker sa come tenere i lettori incollati alla pagina, e inoltre sa come depistarli: due qualità che a un giallista non possono mancare.
Il caso Alaska Sanders chiude (forse) la trilogia che ha per protagonista Marcus Goldman, scrittore di successo che finisce spesso e volentieri a indagare su vecchi casi del passato. (Leggere i due libri precedenti – La verità sul caso Harry Quebert e Il libro dei Baltimore – è consigliabile per cogliere tutte le sfumature della vicenda e il respiro da piccola saga, ma non necessario ai fini del giallo). Come da tradizione, le sue 624 pagine sono scivolate via in un baleno. È un romanzo densissimo di avvenimenti: non ci sono tempi morti o capitoli inseriti qua e là per tirare il fiato, ma ogni pagina porta in qualche modo avanti la trama, aggiungendo storie, personaggi, misteri, rivelazioni. Più ancora che nei romanzi precedenti, l’intreccio si ingarbuglia man mano che nella vicenda vengono coinvolti personaggi su personaggi. Trovo esemplificativo il fatto che la classica confessione finale del colpevole, con la ricostruzione in ordine logico-cronologico degli eventi, occupi la bellezza di cinque capitoli, per un totale di oltre cinquanta pagine.
A tal proposito, una cosa che mi ha fatto un po’ storcere il naso è che alcuni personaggi chiave della trama entrino in gioco soltanto a tre quarti del romanzo. Il che non è necessariamente un difetto – anzi, se vogliamo rende l’avanzamento dell’indagine più realistico – ma dal punto di vista letterario mi è sembrato quasi che Dicker avesse barato, privando il lettore di alcuni elementi fondamentali per venire a capo della vicenda prima del dovuto. In ogni caso, la risoluzione del giallo è ampiamente soddisfacente e – almeno per me – imprevedibile.
Sono contento che, dopo il passo falso de L’enigma della camera 622 (un libro bruttissimo, c’è poco da fare), Dicker sia tornato ai suoi livelli abituali. Alla soddisfazione che provo da lettore, devo come sempre aggiungere l’ammirazione da scrittore: non oso nemmeno immagine cosa debba essere stato scrivere un romanzo dalla trama così intricata. Mi piacerebbe affacciarmi nella mente di Dicker anche solo per capire come abbia organizzato il suo lavoro, come non sia stato fagocitato dal suo stesso meccanismo narrativo. D’altra parte, non si arriva a vendere milioni di copie in quaranta lingue diverse per caso.
Citazioni preferite:
Vorremmo sempre che un grande scrittore sia come quelli che lo hanno preceduto, senza pensare che, se è un grande scrittore, è proprio perché non è come loro.
La smetta di idealizzare, scrittore, e passi alla pratica. Una coppia trascorre giorni felici solo per qualche mese. Dopo, è tutto lavoro, compromessi, frustrazione e lacrime. Ma ne vale la pena, perché il risultato è un’unità che non è dovuta a chimica o magia, questa unità l’avete creata voi. L’amore non esiste da solo, si costruisce.
⭐ Voto: 4 / 5
🎵 Ascolti
Una rubrica in cui parlo di musica senza avere alcuna competenza.
Una delle canzoni che ho ascoltato di più ad aprile, in realtà, non esiste. Questo mese, almeno a giudicare dal numero di riferimenti che ho colto in rete, è esploso il fenomeno Suno. Si tratta di una nuova AI generativa, capace di creare un brano musicale a partire da un prompt testuale.
Ci ho giocato così, un po’ per divertimento, ma i primi risultati mi hanno lasciato a bocca aperta: non tanto per la qualità del risultato finale, ma per come il software sia capace di interpretare correttamente l’input testuale, gestendo allo stesso tempo una quantità monumentale di stili musicali. Il testo può essere scritto dall’utente o delegato interamente all’AI (con o senza indicazioni di massima), mentre per la musica basta inserire una o più riferimenti. Ad esempio, in uno dei miei primi esperimenti volevo ricreare le sonorità delle canzoni che ascoltavo da adolescente: ho lasciato la stesura del testo al software e ho inserito come stili “early 2000s alternative rock, emo vibes, male voice, violin in background”. Il risultato è questa Midnight Adventures che, vi dirò, ho ascoltato a manetta. Poi mi era venuta voglia di un po’ di sano surf rock all’italiana, e questa volta mi sono cimentato anche nel testo: con risultati discutibili, come potete constare voi stessi. Infine, un esempio di testo generato da AI, ma su mio input: volevo una canzone pop punk su un amore perduto, con riferimenti agli anni ’90, e Suno ha infarcito il testo di elementi un po’ a caso (citando pure “bittersweet symphony”).
Mi sembra che anche per Suno valgano riflessioni già fatte altrove e in precedenza per altre AI generative (visive o testuali): il risultato prodotto non sarà mai originale, ma ampiamente derivativo, proprio perché questi sistemi sono addestrati a ricalcare contenuti pre-esistenti. Sono altresì degli interessanti compendi di stereotipi. Una delle funzioni più affascinanti di Suno è la sezione Explore, che presenta un elenco pressoché infinito di stili musicali, varianti locali comprese: cliccando su ognuno di essi viene riprodotto un pezzo a caso, come se fosse una sorta di enciclopedia dei generi musicali. Ovvio, immagino che chi crea musica (quella vera) possa sentirsi minacciato da uno strumento del genere: ma da quello che vedo dalla sua Home, ora come ora Suno viene utilizzato più che altro come divertissement. E, per quanto possa consentire a dei non-professionisti di produrre musica, i risultati per il momento non sono paragonabili – soprattutto dal punto di vista dell’originalità.
Insomma, non è ancora arrivato il momento in cui le AI ci ruberanno il lavoro, nonostante quanto affermato da questo bel pezzo symphonic rock (creato con Suno, ovviamente).
📷 Istantanea
Una foto che ho scattato nell’ultimo mese.
Il lago di Bracciano visto dal belvedere di Anguillara Sabazia, il 14 aprile 2024. Una insolita domenica di aprile dal sapore estivo – o forse un segno tangibile del cambiamento climatico.
🔗 Link
Una raccolta dei migliori articoli in cui mi sono imbattuto in giro per il web questo mese.
Come sono finito a leggere un articolo su un oscuro videogioco pubblicato da SquareSoft solo in Giappone nel 1999, unico esponente noto di un genere ibrido tra racing game e JRPG? Non lo so, ma una volta lette le prime righe non ho potuto fare a meno di arrivare fino alla fine. Andrea Sorichetti ha raccontato Racing Lagoon su Final Round.
Quanto erano belli i videogiochi per PC con sfondi pre-renderizzati e visuale isometrica? Se non avete idea di cosa sto parlando – o se accusate un po’ di nostalgia – questo video in soli 5 minuti offre una carrellata molto interessante sull’argomento.
Su Il Post ho letto un bell’articolo intitolato La fine dei siti Internet. Questo pezzo, in particolare, mi ha steso: «La buona notizia è che i siti non sono andati da nessuna parte», scrisse Velazquez citandone alcuni dei suoi preferiti, tra milioni che ancora esistono. «La brutta notizia è che siamo noi quelli scomparsi», aggiunse in riferimento alla perdita della «gioia della scoperta» dei contenuti e della capacità di cercarli e gestirli da parte di chi ne fruisce, li aggrega o li produce.
A proposito di siti Internet, non finirò mai di lodare il lavoro fatto da L’Ultimo Uomo nel raccontare lo sport attraverso le storie dei singoli. Questo articolo sul portiere del Sassuolo Andrea Consigli, con la sua epica dolente (è il portiere che ha subito più gol nella storia della serie A), ne è un esempio perfetto.
E anche questo mese ce l’abbiamo fatta. Ci leggiamo presto su questi schermi!